In Italia la riassegnazione di sesso e genere anagrafico è consentita dalla Legge 14 aprile 1982, n. 164: "Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso".
La persona che intende cambiare sesso e genere anagrafico o le persone transgender in generale, potranno richiedere un incontro a una delle strutture, delle Associazioni, dei presìdi che offrono servizi per il percorso di affermazione di genere e iniziare un percorso, la cui durata è soggettiva, per giungere anche legalmente alla riattribuzione del sesso e del genere anagrafico. È bene precisare che solo al termine del percorso di affermazione di genere si potrà avanzare domanda al Tribunale competente per ottenere l’autorizzazione alla riassegnazione del genere anagrafico e al cambiamento del nome. Infotrans.it offre un elenco di strutture, presenti sul territorio nazionale, in grado di fornire questo tipo di servizi nella sezione "Mappa dei servizi".
La Legge 164 prevede che la persona che intende cambiare genere potrà presentare un'istanza - ovvero una domanda - al Tribunale della zona di residenza.
A quale Tribunale rivolgere la domanda per rettificare i documenti anagrafici nel caso in cui la persona sia italiana ma residente all'estero?
Se la persona transgender è cittadina italiana ma residente all’estero potrà rivolgersi al Tribunale relativo all’ultima residenza in Italia.
Esempio: prima di partire e trasferirmi in Germania vivevo ed ero residente in Provincia di Milano. In questo caso, anche se si è fatta la transizione all’estero la domanda per rettificare i documenti anagrafici andrà avanzata al Tribunale di Milano, competente in quanto Tribunale di riferimento che segue l’ultima residenza in Italia. Questo significa che, in linea di massima, secondo le norme del diritto privato internazionale, i diritti fondamentali seguono la cittadinanza della persona. L’atto di nascita di una persona italiana è in Italia e dunque sarà un Tribunale Italiano a doverne stabilire l’eventuale rettificazione.
Se la persona transgender che risiede all’estero ma ha cittadinanza italiana ha svolto tutto il percorso di affermazione di genere all’estero potrà comunque utilizzare la documentazione medica ottenuta all'estero attestante il proprio percorso. Il procedimento da seguire è quello di tradurre in lingua italiana e asseverare la documentazione estera (ovvero munirla del timbro che ne attesti la conformità presso un qualsiasi Tribunale italiano o presso il competente consolato italiano nel Paese estero di residenza).
Di queste procedure si occuperà un vostro legale di fiducia. Ciò che è importante sapere è che una persona transgender di cittadinanza italiana residente all’estero dovrà fare domanda di riattribuzione di genere presso il Tribunale italiano e che, ai fini della documentazione da presentare, ha validità anche quella formatasi all’estero.
Quali sono i tempi del Tribunale?
Non è possibile stabilire con certezza quali siano i tempi del Tribunale perché questo dipende molto dalla grandezza del Tribunale, dal carico di lavoro dei singoli Giudici, da come è presentata la domanda – in alcuni casi, per esempio, il Tribunale potrebbe richiedere l’integrazione di alcuni documenti comportando un lieve allungamento dei tempi.
La legge 164/1982 è stata modificata dal d.lgs. 150/2011 con un possibile allungamento dei tempi e un potenziale aggravio dei costi. Secondo questa modifica, infatti, le cause che riguardano la riassegnazione del genere seguono un rito di tipo ordinario (ovvero come ogni altra causa di tipo civile) e al giudizio partecipa il Pubblico Ministero. Nel caso in cui la parte abbia figli oppure coniuge e figli l’atto che introduce il giudizio di rettifica del genere va notificato al Pubblico Ministero e al coniuge e ai figli. In assenza di coniugi e figli l’atto di citazione va notificato sempre al Pubblico Ministero.
Nel giudizio è possibile chiedere l’autorizzazione per l’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso e la rettificazione del nome e del genere anagrafico oppure è possibile domandare solamente il cambio dei documenti anagrafici. È possibile, infatti, che la persona transgender non sia intenzionata a modificare i propri caratteri sessuali per via chirurgica e dunque, nel caso in cui la persona non voglia, non intenda o non possa operarsi, potrà richiedere il mutamento del nome e del genere anagrafico.
In sostanza, le opzioni sono due:
Questa seconda opzione è divenuta possibile a seguito di due importanti sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale che hanno stabilito che per la riassegnazione del nome e del genere anagrafico non è necessario o obbligatorio l’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso. Questo perchè la legge 164 dice espressamente "quando" e "solo se" è necessario il Giudice dispone l’autorizzazione all’intervento chirurgico. Ciò significa che, se la persona ha raggiunto il proprio benessere psico-fisico e dimostra la propria immedesimazione nel genere percepito e vissuto come “irreversibile” non è obbligatorio che effettui tutti gli interventi chirurgici e può ottenere il cambio del nome e del genere anagrafico anche se non si è operata o decide di non operarsi.
La Corte Costituzionale nella sentenza 221/2015 ha affermato che il giudice può rilevare il “completamento della transizione” laddove la persona interessata abbia già esercitato “in maniera definitiva il proprio diritto all'identità di genere (ad esempio, manifestando la propria condizione nella famiglia, nella rete degli affetti, nel luogo di lavoro, nelle formazioni di partecipazione politica e sociale), ancorché senza interventi farmacologici o chirurgici sui caratteri sessuali secondari”.
Il Tribunale, non richiede una espressa lista di documenti, ciò che va provato, allegando una documentazione specifica, è la disforia di genere della persona, nonché la irreversibile immedesimazione nel genere percepito e la eventuale trasformazione corporea avvenuta. Dunque non è possibile dire quale documentazione serva perchè la lista dei documenti da allegare cambia da Tribunale a Tribunale e da percorso a percorso.
Ciò che si può affermare con certezza è che la domanda dovrà essere accompagnata da una documentazione psico-diagnostica e da una documentazione medica che attestino il percorso di affermazione di genere, la volontà irreversibile di rettificare il proprio genere anagrafico, la immedesimazione definitiva e irreversibile nel genere vissuto e percepito come il proprio ed eventualmente la volontà di sottoporsi ad intervento chirurgico di riassegnazione del sesso.
È prassi allegare anche il certificato di nascita che si intende modificare nonchè la documentazione che attesti l'eventuale gratuito patrocinio. Non è obbligatorio che la documentazione medica provenga da una struttura sanitaria pubblica, tuttavia, è bene precisare che molti Tribunali chiedono che la documentazione provenga da strutture mediche competenti in materia e terze rispetto alla parte.
I tempi del procedimento giudiziario variano in base a molti fattori: la grandezza del Tribunale, il carico di lavoro del Giudice investito della causa, la completezza dei documenti allegati, la eventuale nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio o CTU (vedi sezione specifica).
Nell’udienza di comparizione (la prima udienza) il Giudice potrebbe ritenere utile ascoltare direttamente la persona ponendo delle domande, ad esempio, circa il percorso di affermazione di genere, gli eventuali ostacoli incontrati, il rapporto con la famiglia e il mondo esterno, le esperienze di vita nel ruolo di genere congruente con la propria identità di genere. Il procedimento potrebbe richiedere una o più udienze e richiedere altresì la nomina di un CTU.
La nomina di un CTU dipende dalla volontà del Giudice, per esempio di confermare o approfondire la documentazione prodotta dalla persona oppure dalla necessità che il Giudice può avere di un ausilio nella lettura della documentazione allegata. In ogni caso, comportando un aggravio di tempi e costi, è bene ricordare che la nomina di un CTU è solo una eventualità e di norma anche una eccezione e che il Consulente nominato deve, a norma dell’articolo 61 del codice di procedura civile, essere una persona di “comprovata esperienza” nella materia.
Il procedimento giudiziario si può concludere con:
In sostanza, l’esito del procedimento dipende dal tipo di domanda presentata. Nel caso in cui si richieda la contemporanea autorizzazione all’intervento chirurgico e alla rettifica del genere anagrafico e del nome, la conseguente sentenza potrebbe autorizzarle entrambe. Nel caso in cui sia richiesta la sola rettifica del genere anagrafico e del nome, la sentenza potrebbe autorizzare il cambio dei documenti e non altro.
Può succedere che il Tribunale non autorizzi l’intervento chirurgico e/o la rettifica del genere anagrafico e del nome?
In linea generale può accadere che il Tribunale non autorizzi la domanda di intervento chirurgico e/o la rettifica del genere anagrafico e del nome, tuttavia, seguendo l’iter corretto, ovvero con una documentazione adeguata che corredi la domanda e con l’ausilio di un Legale esperto in materia questa eventualità è piuttosto remota.
La sentenza, prima di produrre i suoi effetti deve passare in giudicato, ovvero non essere impugnabile per tutte le parti in causa.
Il passaggio in giudicato avviene in due modi:
La sentenza passata in giudicato verrà trasmessa dal Tribunale all’Ufficio dello Stato Civile del Comune di nascita della persona e, solo successivamente, ci si potrà rivolgere al Comune di residenza per richiedere l’emissione di una nuova carta di identità. Si specifica che il solo il Tribunale può trasmettere la sentenza all’Ufficiale dello Stato Civile del proprio Comune di nascita.
Infine, se la sentenza ha autorizzato anche l’intervento di riassegnazione chirurgica del sesso, la persona interessata potrà rivolgersi alla struttura ospedaliera prescelta e mettersi in “lista” per gli interventi chirurgici. Infotrans.it offre un elenco di strutture, presenti sul territorio nazionale, in grado di fornire questo tipo di servizi nella sezione "Mappa dei servizi".
Ricordiamo che all’esito del giudizio potrà essere richiesto il pagamento della tassa di registrazione degli atti ad opera della Agenzia delle Entrate. L’imposta in questione è obbligatoria e si applica alla registrazione di ogni atto dello Stato. Se la persona beneficia del patrocinio a spese dello Stato tale tassa non sarà dovuta.
Le Consulenze Tecniche vengono disposte dal Giudice all’interno di un procedimento giuridico ogni volta che un Giudice richieda l'acquisizione di informazioni o approfondimenti che ritiene necessari al fine di decidere una causa.
Le motivazioni che possono indurre il Giudice a nominare il CTU nei procedimenti di riassegnazione di sesso e genere anagrafico possono essere dovute:
In ogni caso, il CTU nominato dovrà essere una persona di comprovata esperienza nella materia (identità di genere) e non potrà effettuare nessuna ispezione corporea sulla persona.
Le spese di nomina del CTU sono a carico della persona. Anche qualora la persona benefici del gratuito patrocino, il Giudice potrebbe decidere di porre a carico della persona le spese del CTU.
Il Gratuito Patrocinio consiste nel riconoscimento dell’assistenza legale gratuita, a carico dello Stato, a favore delle persone che intendano promuovere un giudizio o che debbano difendersi davanti al giudice e il cui reddito annuo non superi una determinata soglia.
In sostanza, in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, le spese relative al legale scelto (che dovrà essere iscritto nelle apposite liste degli Avvocati che patrocinano cause con gratuito patrocinio) saranno sostenute dallo Stato. Non si dovrà pagare nessuna spesa di giudizio (come il contributo unificato o eventuali spese per la registrazione della sentenza).
Per presentare la domanda di gratuito patrocinio è necessario che il proprio reddito personale (nelle cause di riassegnazione del genere non si somma il reddito di conviventi e/o familiari) non superi la soglia di 11.493,82 euro lordi (alla data di pubblicazione del presente documento).
Per stabilire se sia possibile beneficiare di tale diritto si deve verificare la soglia di reddito dall'ultima dichiarazione dei redditi (o dall'ultimo CUD). Se non si ha alcun reddito, si deve compilare una autodichiarazione che viene fornita dal competente ufficio con la quale si attesta l’assenza di reddito personale.
I requisiti per beneficiare del gratuito patrocinio devono permanere per tutta la durata del procedimento legale di riassegnazione del genere, dunque, per esempio, se durante il procedimento si trova un lavoro o più in generale si ha un aumento del proprio reddito oltre la soglia prevista, bisogna subito avvisare il proprio legale. Nel caso di decadenza dal beneficio del gratuito patrocinio sarà a carico della parte pagare tutte le spese del procedimento.
Del gratuito patrocinio possono beneficiare tutti i cittadini italiani nonché tutte le persone straniere o apolidi regolarmente soggiornanti in Italia.
Ormai da anni i Tribunali ritengono applicabile la legge 164/82 alle persone transgender straniere regolarmente soggiornanti e residenti in Italia.
Alla persona straniera presente nel territorio dello Stato devono essere riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti (art. 2, comma 1 del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”).
Quindi una persona in transizione con regolare permesso di soggiorno e residente in Italia può fare domanda per ottenere l’autorizzazione all’intervento chirurgico di riattribuzione di sesso e la rettificazione del nome e del genere anagrafico in Italia. Può ovviamente anche beneficiare dell’eventuale intervento di riassegnazione del sesso a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, una volta ottenuta la sentenza di riassegnazione del genere si porrà la questione di quale atto l’anagrafe debba modificare dato che l’atto di nascita della persona si trova in un altro Stato. In questi casi si suggerisce di rivolgersi per l'assistenza ad un Legale o ad una Associazione specializzata.
Si precisa che, in presenza di una sentenza di riattribuzione del genere anagrafico, qualora il paese d’origine della persona transgender non riconosca la possibilità di rettifica del genere anagrafico, e conseguentemente si renda impossibile adeguare il passaporto straniero alla pronuncia del giudice italiano, i comuni italiani procedono alla rettifica della sola scheda anagrafica dei cittadini stranieri, rendendo così possibile l'aggiornamento della carta d'identità italiana con il nome e il genere anagrafico. In sostanza, se è vero che lo Stato Italiano non può modificare i documenti di emissione di un altro Stato estero (come ad esempio il passaporto di uno stato straniero) è altrettanto vero che potrà modificare i documenti emessi dal proprio Stato (carta identità e codice fiscale), così permettendo alla persona straniera regolarmente soggiornante in Italia di avere un documento italiano corrispondete alla propria identità di genere.
Permesso di soggiorno nel caso di persona transgender
È importante ricordare che la protezione umanitaria spetta in caso di "atti di persecuzione"; deve cioè sussistere una condizione di "grave lesione dei diritti umani fondamentali che si consumerebbe nel Paese di origine" e, quindi, in caso di rimpatrio. La legge "vieta l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione anche per motivi di orientamento sessuale o identità di genere". Per "persecuzione" si intende "una forma di lotta radicale contro una minoranza che può anche essere attuata sul piano giuridico e specificamente con la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile con la reclusione". Tale situazione si concretizza quando le persone di orientamento omosessuale o persone transgender siano costrette a violare la legge penale del proprio Paese e a esporsi a gravi sanzioni per poter vivere liberamente il proprio orientamento sessuale e/o la propria identità di genere.
Si ricorda inoltre una recente decisione del Tribunale di Roma che basandosi su diversi rapporti ed informazioni sul Paese di origine, ha riconosciuto lo status di rifugiato nei confronti di una persona richiedente asilo transgender proveniente dal Perù. In particolare, i giudici hanno ritenuto che “il cumulo delle discriminazioni subite nel corso della vita della ricorrente – sin dagli anni della scuola e sino al primo periodo di permanenza in Italia – che trovano ampio riscontro nelle fonti consultate, abbia raggiunto il livello di persecuzione. A tal proposito, si osserva che il nesso che sussiste tra le diverse forme di discriminazione e l’appartenenza di genere della ricorrente, la quale si inserisce nel determinato gruppo sociale della comunità LGBTI, ai sensi dell’art. 1A(2) della Convenzione del 1951 sullo status di rifugiato giustifica il riconoscimento di tale tipologia di protezione internazionale”. A sostegno di tale ragionamento giuridico, la decisione cita esplicitamente le Linee Guida UNHCR in materia di Protezione Internazionale N. 9.