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Colonvaginoplastica

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Chi può sottoporsi all’intervento?

Sulla base delle raccomandazioni internazionali riportate in bibliografia, possono sottoporsi all’intervento di colonvaginoplastica le persone che soddisfano i seguenti requisiti:

  • marcata e stabile incongruenza di genere;
  • soddisfatti i criteri di incongruenza di genere prima degli interventi chirurgici di affermazione di genere nei Paesi in cui sia richiesta una diagnosi per accedere all’assistenza sanitaria;
  • capacità di fornire il consenso informato allo specifico intervento chirurgico di affermazione di genere richiesto;
  • comprensione degli effetti della chirurgia di affermazione di genere sulla riproduzione e discussione delle possibilità di preservazione della fertilità;
  • altre potenziali cause di apparente incongruenza di genere sono state identificate ed escluse;
  • identificazione di condizioni di salute mentale e fisica che potrebbero avere un impatto negativo sugli esiti della chirurgia con discussione dei rischi e benefici;
  • stabile terapia ormonale di affermazione di genere. Ciò può includere almeno sei mesi di terapia ormonale di affermazione di genere o un periodo più lungo sé necessario al fine raggiungere il risultato chirurgico desiderato, tranne nel caso in cui la terapia ormonale non sia desiderata o qualora ci fossero controindicazioni alla terapia ormonale stessa.

In Italia si richiede inoltre:

  • Sentenza del tribunale di rettifica del nome e genere anagrafico; in mancanza, sentenza di autorizzazione agli interventi chirurgici;
  • maggiore età oppure, in caso di minori consenso di entrambi i genitori se presenti o di chi ne fa le veci.

Anche se non è un criterio esplicito, si raccomandano visite regolari, concordate sulla base dei bisogni individuali, con uno psicologo e/o medico specialista (per es. endocrinologo).

Quando siano rispettati i criteri necessari per effettuare l’intervento chirurgico (vedi sopra), la persona interessata dovrà:

  • identificare un centro clinico specializzato (Infotrans.it offre un elenco di strutture, presenti sul territorio nazionale, in grado di fornire questo tipo di servizi nella sezione "Mappa dei servizi")
  • programmare una visita medica con lo specialista per:
    • esame della corporatura e dei genitali
    • esplorazione rettale prostatica
    • TC (tomografia computerizzata) addome con mezzo di contrasto per valutare l'integrità anatomica del segmento colico e della sua vascolarizzazione
    • eventuale ecografia dell’apparato urinario ed ecografia prostatica
    • valutazione per eventuale epilazione (eliminazione dei peli) definitiva della base del pene, della regione tra i testicoli e l’ano (perineo) e di altre aree indicate dal chirurgo.

Sospensione della terapia ormonale con estrogeni da un mese prima dell’intervento a quindici giorni dopo. In generale, qualora si stesse assumendo un qualsiasi farmaco su prescrizione, bisogna discuterne con lo specialista. Potrebbe essere necessario interromperne l’assunzione anche diversi giorni prima dell’intervento. La terapia farmacologica potrà essere ripresa a discrezione del medico.

L’intervento prevede due fasi, una fase demolitiva e una fase ricostruttiva.

La fase demolitiva prevede l’asportazione degli organi genitali originari: testicoli, epididimi e funicoli (sacche e canali che contengono gli spermatozoi), pene e parte dell’uretra (l’uretra è un canale che collega la vescica con l’esterno e che costituisce l’ultimo tratto delle vie urinarie). Si fa presente che la prostata non viene asportata. La fase demolitiva dell’intervento preclude irreversibilmente la capacità di procreazione. Nella fase ricostruttiva viene creata una nuova vagina (neovagina) utilizzando una parte dell’intestino in aggiunta alla pelle (cute) di pene e scroto. Si procede quindi alla creazione dei genitali esterni (clitoride, grandi e piccole labbra) e alla creazione dell’uretra femminile per poter urinare. In particolare, una parte del glande (apice del pene) viene conservata per costruire un clitoride che permette, nella maggioranza dei casi, di avere una buona sensibilità erotica durante i rapporti sessuali. Alla fine dell’intervento viene applicato un catetere vescicale (cannula che consente di eliminare l’urina) e un bendaggio compressivo che saranno mantenuti per alcuni giorni. Dopo circa quattro giorni dall’intervento inizieranno le manovre di dilatazione della vagina che saranno insegnate dal personale sanitario e dovranno essere eseguite tutti i giorni seguendo le indicazioni del chirurgo. L’attività sessuale può essere ripresa dopo circa 2-3 mesi dall’intervento.

L’intervento di colonvaginoplastica viene consigliato solo alle persone che non hanno la possibilità di eseguire la vaginoplastica con lembo peno-scrotale (ad esempio perché è ragionevole pensare che non si otterrà una vagina sufficientemente profonda) o che hanno necessità di un secondo intervento per allungare il canale vaginale a causa di un accorciamento della neovagina. La colonvaginoplastica presenta più rischi per la salute rispetto all’intervento di vaginoplastica con lembo peno-scrotale (mortalità riportata in letteratura fino al 3-4%) in quanto deve essere prelevata una parte di intestino ed è per questo motivo che si evita di effettuarla a meno che non si verifichino le condizioni descritte.

L’intervento ha una durata di circa 7 ore e avviene in anestesia generale.

L’intervento di colonvaginoplastica prevede un ricovero che varia dai 7 ai 14 giorni, a seconda delle caratteristiche della persona e del recupero post operatorio.

Le complicanze dell'intervento di colonvaginoplastica si suddividono in immediate e secondarie.

Complicanze immediate:

  • Perforazione di retto e vescica. Questo tipo di lesione viene riparata durante l’intervento chirurgico stesso. A volte a causa di questa complicanza sarà necessario mantenere il catetere (una cannula inserita nell’uretra) per alcuni giorni in più oppure potrebbe essere necessario deviare le feci in quella che i medici chiamano “colonstomia”. In questo caso, per alcuni mesi, l’intestino sarà collegato alla pancia e le feci finiranno in un sacchetto apposito.
  • Compressione nervosa. La posizione sul letto operatorio può comportare la compressione dei nervi della gamba con possibile perdita momentanea della funzionalità della stessa.
  • Complicanze emorragiche. Si tratta di emorragie (perdite di sangue) anche abbondanti con necessità, talora, di trasfusione.
  • Infezioni che possono essere controllate con l’uso di antibiotici.
  • Necrosi cutanea parziale o completa della vagina. A volte la cute con cui è rivestita la neovagina può essere poco vitale fino ad andare in necrosi. Essenziale è mantenere aperta la cavità neovaginale grazie a tutori. In loro assenza, infatti, la cavità si richiude molto rapidamente e scompare quasi completamente. In alcuni casi può essere necessario un intervento successivo di ampliamento e di rimodellamento della neovagina.
  • Disturbi della cicatrizzazione cioè la comparsa di cicatrici abbondanti e in rilievo che, talora, rendono necessario un ulteriore intervento chirurgico.
  • Svezzamento urinario difficile. Dopo la rimozione del catetere urinario, vi può essere difficoltà a urinare spontaneamente. Occorrerà quindi riposizionare un nuovo catetere urinario per un ulteriore periodo di tempo.
  • Fistola vescico- o uretro-vaginale cioè la comparsa di un collegamento tra vescica o uretra e vagina che può richiedere un intervento chirurgico per chiuderlo.
  • Peritonite: quando le due parti dell’intestino utilizzate per l’intervento non si collegano (attaccano) adeguatamente e le feci escono fuori.
  • Problemi intestinali di canalizzazione (le feci non passano bene nell’intestino).
  • Eventi fatali quali morte (3-4% dei casi).

Complicanze secondarie (a distanza dall'intervento):

  • Stenosi del meato. La stenosi del meato è un restringimento o un’ostruzione dell’uretra, il canale da cui esce l’urina. Occorre prevenire sistematicamente questa stenosi con tecniche di chirurgia plastica che hanno l’obiettivo di ingrandire l’apertura.
  • Stenosi e/o dimensioni ridotte della neovagina. Si può verificare una riduzione della circonferenza o della profondità della neovagina. Quando le dimensioni sono molto ridotte, vi è la necessità di un ulteriore intervento chirurgico per ampliare la cavità vaginale.
  • Fistola rettovaginale. Talvolta si possono creare delle comunicazioni tra retto e vagina con necessità di un intervento chirurgico per chiuderle.
  • Insoddisfazione funzionale. Raramente si possono verificare difficoltà ad urinare, incontinenza, dolore alla defecazione.

Sistema Sanitario Nazionale (SSN): nessun costo.

Libera professione: a discrezione del professionista.

Coleman E, Radix AE, Bouman W, et al. (2022 ). Standards of Care for the Health of Transgender and Gender Diverse People, Version 8. Int J Transgend Health. Sep 6;23(Suppl 1):S1-S259.

Hembree WC, Cohen-Kettenis PT, Gooren L, et al. Endocrine Treatment of Gender-Dysphoric/Gender-Incongruent Persons: An Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab. 2017;102(11):3869-3903. Erratum in: J Clin Endocrinol Metab. 2018; 103(2): 699. J Clin Endocrinol Metab. 2018; 103(7): 2758-2759.

Infotrans è un progetto finanziato nell'ambito del PON Inclusione con il contributo del Fondo Sociale Europeo 2014-2020

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